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Sono deluso.

Da tutti.
Da tutto.

Dalla politica dei criminali.
Dalla società dei raccomandati.
Dallo stato che ci munge come vacche.
Dalla filosofia che non sa spiegare l’animo.
Dalla religione che non ha mai neanche provato.
Da dio che non esiste.
Dalla scienza che da risposte a domande che non abbiamo mai posto e non risponde a quello che vorremmo sapere.
Dalle persone che non conosciamo e che non si faranno conoscere.
Dalle persone di cui ci fidavamo e che ci voltano le spalle.
Dall’amore del quale non possiamo fare a meno.
Dalla solitudine che ci ricorda che non possiamo stare soli.
Dai ricordi che non vorremmo.
Dal tempo che scorre in una sola direzione.

Deluso e disilluso.
Ma resisto, e mi fortifico.

Ieri sera mi sono visto senza particolari aspettative questo filmetto horror uscito in sordina la scorsa stagione.
E’ tratto da un racconto di un certo Scott B. Smith, sconosciuto. Poteva benissimo essere tratto da un racconto del "primo" Stepen King.
Insieme a "The Mist" (anch’esso da un racconto di Stephen King, anch’esso appartenenete al filone dei "siege movie"), per me è stata la sorpresa horror di quest’anno…

La storia è semplice semplice ed è appena un pretesto per introdurre il setting principale.
Quattro ragazzotti sui vent’anni (i classici dei quali già alla rpima comparsa stai immaginando l’ordine di dipartita, e pregusti il momento) in vacanza in messico incontrano un turista tedesco che li conduce in un luogo segreto nella foresta dove il fratello di costui è andato ad esplorare antiche rovine. Al di là dell’implausibilità e del cliché del tutto, quel che ci interessa è arrivare al punto saliente, ovvero i ragazzotti di cui sopra intrappolati sulla sommità di un antico tempio maya assediati da un gruppo di (improbabili) indigeni inferociti che stanno apparentemente tenendo sotto assedio il luogo.
Tutta la struttura è ricoperta di uno strano rampicante (fin troppo somigliante a marijuana) dai fiori rosso brillante…

Vi risparmio, casomai decideste di vederlo, ulteriori sviluppi.
Quel che conta è che, per una volta, il cast di giovani protagonisti non fa tutto il possibile per risulatare antipatico, anzi. E che, sempre per una volta, si assiste ad un horror che non cerca il facile spavento a base di spiritelli rancorosi orientaleggianti, ma costruisce una vera tensione claustrofobica (pur essendo quasi interamente ambientato in esterni…). Aggiungete anche alcune delle scene gore più forti degli ultimi tempi sullo schermo (peggio dei vari "Hostel", "Saw" e compagnia cantante, perché più inaspettate) e avrete un buon prodotto di intrattenimento…

La crisi di mezza età in anticipo. Giusto oggi stavo riflettendo in compagnia di una che la sa lunga su come i trenta/trentacinquenni di oggi attraversino quella fase di smarrimento esistenziale che fino a qualche tempo fa era posticipata di almeno dieci anni. Forse perché la generazione scorsa a 30 anni era sistemata con famiglia, lavoro e cazzi da cagare e viveva un periodo di produttività massima e massimo impegno che non gli dava tempo per voli pindarici dei miei coglioni. Poi a 40 anni quando le acque s’erano placate e si poteva cominciare a campare di rendita, spuntavano fuori tutte le ansie, paure e frustrazioni del mondo.

Ma facciamo un po’ di fenomenologia, ché aiuti a capire di cosa esattamente stiamo parlando.

SUPEROMISMO – Caratteristica tipica maschile. Ti senti meno bello/apprezzato e capace di ottenere quel che vorresti con un solo slancio del pensiero. Hai un’idea di te distopica, vorresti essere il più interessante, bello, maledetto e pieno di opportnità del mondo. Aggiungiamo anche una bella sindrome di Peter Pan e siamo a posto. Ovviamente, resti frustrato dal fatto che NON SEI come vorresti essere, sei una creatura fallibile, invecchi come tutti e non sei più neanche così bello e affascinante come credevi di essere. Sei meglio che a vent’anni, ma paradossalmente adesso ti basta meno.

RIFIUTO DELLE RESPONSABILITA’ (E DELLA REALTA’) – Ah, la mia preferita. Non ti piace il tuo lavoro, vorresti cambiarlo. Però ti da da mangiare, mica niente. Hai 30 anni, non puoi campare d’aria o alle spalle dei tuoi genitori (oddio, c’è anche chi lo fa). Quindi ti tocca pedalare la bicicletta che hai voluto.
Non hai voluto studiare? Te ne stai pentendo? Beh è troppo tardi adesso. Accetta il fatto che nessuno si iscrive all’università a 30 anni col progetto di finire fra 15. Nessuno ha bisogno di un’altra laurea solo per far vedere che la sa lunga. Tanto nessuno ascolta quel che dici nel 90% dei casi.
Non hai voluto una famiglia, una relazione stabile. Ti sentivi in trappola. Bene. Adesso sei solo, o comunque ti senti solo anche quando hai qualcuno al tuo fianco. E sei spaventato dal futuro, quando probabilmente, data la tua incapacità di stare in compagnia di qualcuno, di accettare sacrifici e responsabilità e compromessi, sarai davvero solo. Solo come il coglione che sei e rimarrai.

DISPERCEZIONE – Simile al superomismo, ma più subdola. Esiste anche la temibile variante femminile. Paura di invecchiare e di vedere il proprio corpo cambiare, di sentirlo diverso. Non puoi più andare a letto alle tre ogni notte e svegliarti fresco come una rosa. Non puoi più sorridere alle ragazzine di quindici anni e sperare che ti facciano l’occhiolino. Adesso ti danno del lei. Sì amico mio sei tu quello allo specchio. Quello con le rughe sul viso e le occhiaie più profonde di un tempo.
E tu, amica mia (stavolta parlo a lei) che non sei stata benedetta da una quarta misura naturale ed antigravitazionale… Ebbene, amica mia, perché cazzo ti ostini a volerla a tutti i costi? Se non ti sei piaciuta fino ad ora, pensi che sia solo per quello? Credi che cambierebbe la tua vita adesso? Pensi che ti troveresti così a tuo agio col tuo nuovo decolté da strafiga? Non saresti sempre te stessa, coi tuoi limiti e le tue ansie e frustrazioni, che giochi a fare la femme fatale?

NOIA – Sei sempre scazzato. Non importa quel che stai facendo: sia che tu stia attraversando una fase creativa, una fase di espansività sociale, una fase di solitudine. Che tu stia mangiando, dormendo, cagando, trombando, poco conta. Sei sempre annoiato. Quel che stai facendo non ti interessa veramente. Vorresti fare qualcos’altro ma quando ti soffermi a pensarci ti rendi conto che ti annoierebbe comunque.

INDIGESTIONE – Ne hai fatte tante. Ne hai provate davvero di tutti i colori. Hai avuto mille donne (o uomini). Hai visto mille film e letto mille libri. Hai ascoltato tantissima musica. Hai consumato e poi buttato via senza mai apprezzare veramente canzoni, letture, visioni, giochi, momenti di intimità, persone, pensieri e riflessioni, stati d’animo, emozioni. Più ne hai provate e più ne vuoi. Più ne vuoi e meno ti bastano. La verità amico mio è che ne hai avute troppe, ne hai volute ancor di più, e ora non ti basta più nulla perché davvero non c’è più niente che ti piaccia. E ho un’altra pessima notizia per te: può solo peggiorare, se non ti metti l’animo in pace.

Di fronte a tutto questo, io dico: grazie, non ho fame. Non cerco niente di particolare, niente di irraggiungibile e irrealizzabile. Mi accontento di quel che ho e limito le mie ambizioni. Almeno, resto sempre me stesso. Non sarà granché ma non rischio di impazzire ogni volta che cambia il vento.

E pensare che avevo tentato di difendere anche l’indifindebile St. Anger…
Ma questo, proprio no. Sembra di ascoltare la bruttacopia di Kill ‘Em All, 20 anni in ritardo.
Anzi, più che Kill ‘Em All…


Kyashan – La Rinascita (Casshern)
Film giapponese del 2004 ispirato alla celebre saga di anime televisiva degli anni ’70. Uno dei primi film realizzati interamente con attori in carne ed ossa e background interamente digitali. Lento, lentissimo, interminabile. Giapponese in tutto e per tutto: drammaticissimo, romanticissimo, crudelissimo. Pare di guardare una piece di teatro Kabuki. Mentre lo guardi è un supplizio, ipnoctico, e ti chiedi: "quando cazzo finisce? Perché non lo sto smettendo di vedere ORA?". Poi alla fine ti rendi conto che ne è valsa la pena, perché, oggettivamente ha il suo perché. Colonna sonora immensa, vale da sola quella le due ore e venti di visione.

Dante 01
Frutto della mente del francese Marc Caro, tornato alla fantascienza dopo lunghi anni. Pieno di volti noti e attori-feticcio del regista e del cinema francese tout-court. La storia vorrebbe essere una pastiche di fantascienza dark, introspezione psicologica (da due soldi), iconografia e iconoclastia cristiana e cattolica, spiritualismo new-age, pessimismo cosmico, ottimismo cosmico. Alla fine è solo una noiosissima e pretenziosissima scopiazzatura di almeno 30 anni di cinema fantastico recente, fra cui Alien3, Solaris, 2001: A Space Odissey, e persino il recente Boyle di Sunshine. Finale messianico e fintamente ermetico francamente ridicolo e irritante. Derivativo e da evitare come la peste.

Il Serpente e l’Arcobaleno
Bellissimo e dimenticato titolo di fine anni ’80. Una delle ultime regie di un Wes Craven che, da "Scream" in poi, ha dato segni evidenti di demenza senile precoce. Bravissimo il protagonista Bill Pullman, inquietante in più di una parte e soprattutto quando non vuole essere sensazionalistico, ma solo realistico nel suo dipingere la realtà di miseria di una Haiti in guerra. Tratto pare da una storia vera. Gli ultimi dieci minuti sono una bella escalation di tensione come non se ne vedono, oggettivamente, più. Su tema simile (voodoo e malefici vari) voglio rivedermi anche The Believers e Angel Heart. Di entrambi ho un ottimo ricordo, spero non mi deluderanno come non mi ha deluso questo qui.

Gl’ardà mejo così.
Questo film, è una merda (0).
Questo pezzo, è uno schiacciasassi (1).
Sopra la panca la capra fa otto colpi con ottanta.
Sotto la panca con cento la capra schianta […]

[…] Dopo la quarta serie, la capra è stanca.

Il nuovo cazzeggio ufficiale on-line.
Eccomi con la mia signora.

Divertitevi anche voi.

(Grazie a Cape per la segnalazione)